AMARCORD

 

Questa sezione è dedicata a tutti gli amici che vorranno inviarci i loro pensieri, i loro ricordi e tutte le impressioni che avranno a mente sulle gesta dei protagonisti di questo sito.

Ogni contenuto sarà uppato il questa sezione con, ovviamente, il nome (o il nick) dell'autore.

A voi la parola, ora!

 

Cacaceman  da Bari ci ha inviato i suoi pensieri cacacisti: 

"Tempo fa (nel 2005), passeggiando per Via Sparano, sentii improvvisamente una serie di improperi in barese, provenienti da qualche altoparlante. Mi chiesi cosa stesse succedendo. La sorpresa fu grande: in una Nissan Micra, quattro ragazzi, al massimo ventenni, avevano infilato nello stereo un CD con le immarcescibili imprese via cavo del diabolico Trio Ciola, e stavano sghignazzando a crepapelle.


Segno che ancora oggi, dopo vent’anni, le malefatte di questi tre (o più) ragazzi degli anni ’80 continuano a fare ridere sia coloro che, ascoltando tali scherzi telefonici, hanno reso più lieta la propria giovinezza in quel periodo (e che oggi, ormai trentenni, ancora ridono, me incluso...), sia le “nuove generazioni” che, non c’è dubbio, in qualche caso avranno provato a emulare tali gesta, magari a rischio di guai legali (le tecnologie cambiano, fortunatamente è più facile rintracciare un maniaco telefonico, ma anche un innocuo ragazzino in vena di “sgherzi”) e con esiti poco esaltanti.


Sì, perchè in effetti, il livello artistico di tali scherzi, accuratamente pianificati e superbamente eseguiti sul piano dialettale, risulta difficilmente raggiungibile. Tant’è vero che il Trio Ciola è, molto spesso, identificato con il suo artefice massimo, ovvero l’interprete di Cacace, genuina espressione del popolano barese, dalla voce catarrosa e dai modi che definire volgari è dir poco...La “mente” del trio Ciola è senz’altro lui, gli altri si limitano a fare da spalla, anche se in qualche caso ottengono risultati altrettanto lusinghieri in termini di reazione da parte del malcapitato di turno.


Basti pensare al lunghissimo scherzo (eseguito in più telefonate) di Cacace al famoso convitto Cirillo, probabilmente il più famoso ed il meglio riuscito, vetta a dir poco irraggiungibile in termini di vis comica. Dopo l’avvio in sordina, con la “moglie di Cacace” che, in un incerto e puerile falsetto, chiede al segretario del convitto dove sia suo figlio, fa il suo ingresso –da bravo marito ed “uomo di famiglia” barese- il rude Cacace, che, prima con toni scocciati, poi sempre più bellicosi (in un crescendo accuratamente studiato), inizia a esigere informazioni su suo figlio e ad insultare il poveretto al telefono, che ha soltanto la forza di rispondere con uno sgrammaticato (e privo di congiuntivo): “anzitutto lei modera le parole!”.

Segue il contatto con il vicepreside, la cui autorità e le cui minacce di denuncia non bastano a frenare il torrente di parolacce di Cacace.

Dopodichè, l’artefice della telefonata prova a ricontattare il vicepreside, ma trova un muro insormontabile in un altro segretario, che, intuito lo scherzo, ingaggia un leggendario e petrarchesco botta e risposta, ritmato e quasi in rima, con Cacace, il quale alla fine si arrende e torna a parlare con la voce normale del suo interprete. E’ l’unico caso in cui Cacace esce sconfitto da una tenzone verbale, anche se alla fine si crea quasi un rapporto di amicizia col duellante, che spesso e volentieri si mette a ridere al telefono.


Sempre il convitto Cirillo è teatro dei notissimi scherzi al bidello Colino Guardavaccaro, uomo di poca cultura ma di lingua svelta, dall’inconfondibile voce squillante, capace di inanellare bestemmie chilometriche e inenarrabili. La famosa frase “Io ti spaccherò il culo a metà” rimarrà probabilmente negli annali e nel background culturale di generazioni di baresi. Fra gli scherzi a Guardavaccaro, notevoli sono quelli in cui un impeccabile impiegato della “segreteria del provveditorato” (sempre il poliedrico interprete di Cacace) lo informa che è stato assunto come “guardiano del casino”, ed in cui un commesso del panificio protesta perchè sono stati ordinati dalla scuola trecento pezzi di focaccia (“mi sembra che fosse uno scherzo telefonico” – altra diabolica tattica per far cadere il malcapitato nella tela). In quest’ultimo scherzo, davanti all’esplosione verbale di Guardavaccaro, il Trio non ce la fa più ed esplode a ridere senza ritegno, si sente chiaramente uno di loro che batte il pugno contro il pavimento ridendo a crepapelle, e noi con lui...


Notevoli sono anche gli exploit di Cacace alla Cantina Lisco e alla Cantina Sportelli. Nel primo caso, il poveretto dapprima reagisce con qualche insulto d’ordinaria amministrazione, poi, in un’altra telefonata, stufo delle continue vessazione del trio, si esibisce in una serie di minacce veramente terribili e al limite della furia omicida. Nel caso della Cantina Sportelli, ci manca poco che all’anziano proprietario, con la voce impastata ed alterata dalla rabbia, non venga un colpo.

Questo è anche il “lato oscuro” del Trio, divertente ma spesso cinico e senza scrupoli, nella migliore tradizione levantina; eloquente è il caso in cui l’interprete di Cacace telefona al compassato marito di una professoressa, dicendo di esserne l’amante (tale “signor De Giglio”), e facendo crollare per un paio di minuti il mondo addosso al poveretto. Uno scherzo, questo, decisamente cattivo, anche se magistralmente interpretato.


Altro capitolo divertente –e per certi versi imbarazzante- è quello degli scherzi ai custodi dei campi da tennis e di calcio. Uno di loro riceve una richiesta di prenotazione da parte di “Gagliardo, quello che ha il c.... duro come un petardo”, e risponde con un memorabile “Gagliard’ du’ cazz’...tu tin’ propr’ la facc’ du’ cazz’ quand’ firnesc’ d’ fè”, ovvero “hai proprio la faccia del c... quando finisce di fare”! Inutile dire che la figurazione allegorica risulta immediata ed efficace ancorchè volgarissima. Lo stesso artefice di tale allegoria risponde in modo mellifluo ed equivoco in un’altra telefonata, riferendo chiaramente che, in termini di preferenze sessuali, gli piace un pò di tutto (“sono come S. Paolo, non butto via niente, prendo tutto”), incluso, potenzialmente, il capo del Trio...Caratteristica è la vocetta acuta ed equivoca dell’anziano custode, le cui “rivelazioni sessuali” ci indicano che quello di Cacace è anche un viaggio, quasi bukowskiano, nelle perversioni –verbali o reali- degli interlocutori, con lo scopo di tirar fuori le loro pulsioni peggiori.

Nello scherzo al custode, viene introdotta un’altra tecnica del capo del Trio, favorita dalla sua voce, all’uopo bassa e professionale: fingersi un addetto della Sip (oggi Telecom) che è venuto a conoscenza degli scherzi “anomici” (sic!) che vessano il poveretto, dopodichè suggerire un metodo tutto speciale di depositare la cornetta...


Un altro custode viene preso di mira in alcuni altri scherzi, e il Trio, chiedendogli notizie di un certo Vincenzo, gli chiede gentilmente: “senta, la posso mandare a fare in c...?”, e il bello è che il tizio risponde quasi in maniera paterna (“tu a quel Vincenzo non lo conosci”...evidentemente trattavasi di persona non proprio magnanima). In un altro scherzo, lo stesso anziano personaggio sbotta: “Tu a’ da ess’ un maniaco....o a’ da ess’ nu’ cornut’!”.


La vetta massima dell’incazzatura da parte della vittima viene raggiunta in occasione dello scherzo al ristorante “La Brace”. Il capo del trio si spaccia per un commendatore, e il proprietario del ristorante si comporta con massima riverenza. Inizia a mangiare la foglia solo quando gli viene chiesto se nel menu sono disponibili genitali di asino arrostiti, per poi partire in una filippica chilometrica e furibonda in dialetto stretto e a tratti incomprensibile, con un’escalation del tono di voce che fa presagire il peggio, tanto che alla fine il Trio ammette: “Che gastemat’!”.


Nel mirino del trio finiscono tutti: professori, segretari, cantine, farmacie (a volte con scherzi fulminei e brevissimi: “Dottor Morea? Senta, ho un problema, ho la diarrea...”), alberghi (addirittura con gli insulti in romagnolo di una signora, che al paragone con i nostri sembrano complimenti) e persino un negozio di manichini, con la richiesta di manichini “superdotati” per far eccitare la clientela femminile. Alcuni riusciti, altri meno, tutti comunque caratterizzati dall’impronta professionale e chiaramente riconoscibile del Trio.


Accanto a tutti questi scherzi, è fiorita tutta una serie di scherzi “apocrifi”, attribuiti al Trio (o quantomeno presenti nelle stesse cassette) ma in realtà eseguiti da emulatori o protagonisti della stessa cerchia (la si potrebbe definire “scuola di Cacace”), con risultati altalenanti e non sempre lusinghieri. Fra di essi, da apprezzare comunque quello del “capodanno in via Beethoven”, in cui una signora ingiustamente accusata di tirare dei petardi sul balcone del vicino si esibisce in raffinate espressioni da caserma che si potrebbero in teoria attribuire solo a un uomo.


Notevoli anche le reazioni ottenute con gli scherzi all’enoteca Martiradonna, in cui comunque sembra di riconoscere la voce di una delle “spalle” del Trio. L’identità dei componenti del Trio, sicuramente nota all’epoca dei fatti (in fondo la nostra Bari è un grosso paese dove più o meno i “giri” sono sempre gli stessi), si fa più fumosa man mano che cambiano le generazioni: alcuni dicono che per tali imprese i componenti del Trio siano addirittura finiti in carcere, secondo altri oggi sono stimati professionisti (uno di essi sarebbe addirittura un chirurgo). Considerando la natura di parecchi liberi professionisti levantini, aggiungo io, paradossalmente non ci sarebbe da stupirsene!

Se l’identità dei tre porta, man mano che passano gli anni, alla creazione di leggende metropolitane varie, gli scherzi rimangono. Molte delle vittime hanno ancora la propria attività commerciale, altre probabilmente saranno andate in pensione, altre ancora, invece, sono purtroppo uscite di scena, come il leggendario bidello Guardavaccaro, che la vox populi (probabilmente attendibile) ritiene scomparso nel 2003 all’età di 67 anni.


Rimane il fenomeno di quei tre (o più...non lo sapremo mai) ragazzi che, nella “Bari da bere” degli anni ’80, si presero gioco di bottegai, grigi professori e sanguigni popolani, prima di passare dall’altra parte della barricata, ovvero il mondo degli adulti, con i suoi compromessi e le sue piccole e grandi falsità. Forse, anche fra vent’anni, la voce squillante del buon Guardavaccaro continuerà a propagarsi da qualche apparecchio audio: prima cassette, poi files mp3, e in futuro...chissà. Per continuare a far ridere generazioni di baresi.


Bari, 2006-06-08  "

Inviato da Galron:   

"Il mio primo impatto con gli sgherzi fu nel lontano 1996, quando un mio amico, nelle pause delle prove del mio gruppo di allora,  mi fece sentire una cassetta di un tale che telefonava ad alcune persone offendendole a più non posso con epiteti dalla volgarità estrema!
Fu amore a prima vista!
Per noi BARESI, la bestemmia è quasi un' arte, mai fine a se stessa, ma sempre rivolta alla fase teatrale, articolata e magniloquente della stessa, a schoccare l' ascoltatore per immediatezza e velocità: frasi come quelle rivolte dal de cuius Nicola, hanno un qualcosa di poetico e musicale, quasi fossero strofe di un rap metropolitano che tanto va di moda oggi, per cadenza e ritmo.
Sembrano studiate e preparate in precedenza, ma  non lo sono affatto in quanto a spontaneità e naturalezza, botta e risposta passati al linguaggio di oggi dopo quasi 20 anni che magari sarebbero potuti essere scritti da un qualche tipo di regia, offese pesanti ma nello stesso tempo esagerate e a volte sproporzionate in confronto alla provocazione.
Quando il Trio chiamava le ignare vittime, non poteva sapere la loro reazione, che sarebbe potuta anche essere quella di chiudere il telefono, ma i malcapitati soggettoni, sfoggiano il meglio o il peggio del loro repertorio di insulti, regalandoci la quintessenza della "gastemata" alla barese, con risultati tutti da ridere.
Si parte dall' infedeltà della propria moglie / compagna, passando per la propria deviata inclinazione sessuale, fino al cardine della bestemmia barese: i defunti .  
"Sparare" frasi come quelle del buon Nicola, non è facile neppure per un barese medio, se consideriamo la fantasia, la varietà dell' insulto e la disinvoltura con la quale viene fatto il tutto.
Inoltre, sempre il bidello, per essere sicuro di colpire interamente gli affetti del suo nemico, rivolge bestemmie verso di lui, verso l' ipotetica moglie e la prole, come se facesse un elenco, tutelandosi con la frase dialettale "se sei sposato e se hai figli", quasi a togliersi il peso di essere sicuro di colpire tutta la proverbiale progenie o meglio "razza" della sua nemesi Cacace.
L' odio e la potenza con la quale vangono espletate la bestemmie possono farci pensare invece all' esecuzione di un cantante Thrash Metal, quindi il mitico Colino è a metà tra un rapper e un catante metal, figura nata solo di recente...un vero precursore dei tempi.
Le gesta di Cacace e delle sue vittime, vivranno in eterno e faranno, come è già successo, scuola per le genazioni future
Un mito. "





Inviato da SonoCacaceMiChiamo:  



"Sono ormai 15 anni che vivo lontano dalla natia Puglia (sono di Monopoli).

Sono andato via giovincello, avevo 21 anni, e penso che questo abbia in qualche modo congelato la mia visione del tempo al momento della mia partenza: è come se ogni volta che torno in Puglia, sperassi di rivederla così come l’ho lasciata quindici anni fa.

Per me c’è ancora lo struscio al Borgo (usanza tipica di MonopolI: passeggiare per ore avanti e indietro nella piazza principale), c’è il “filongio” (o “filone” in barese) a scuola e più di tutti c’è Cacace.

 
Devo tutto ad un mio amico che nel lontanissimo 1986, quasi in contemporanea con la prima diffusione degli scherzi e quando tutti i vari emuli ancora non esistevano,  mi fece ascoltare “la cassetta”. La cui provenienza, o meglio, la cui matrice originale nessuno conosceva. Venuta a noi quasi per autogenesi, quella cassetta dagli irresistibili scherzi - e non me ne vogliano le allora ignare vittime o i loro eredi - e dal linguaggio che è stata autentica palestra di dialetto e di insulti, mi ha accompagnato per tutti gli anni delle scuole superiori e non solo. Nel 1990 venni sapere che un altro mio amico era talmente appassionato di Cacace che aveva fatto uno studio sul fenomeno: un precursore dei tempi, visto questo sito! Quando ci incontravamo facevamo spesso notte ripetendo interi brani delle telefonate, manco fossero Leopardi o Carducci. Li smontavamo, cercavamo anche alternative alle risposte, riascoltandole spesso tifavamo per questo o quell’altro personaggio, come se potevano ascoltarci!

 
Poi venne il militare: imbarcato sulle motovedette a Brindisi. E la fortuna volle che il nocchiero di bordo più anziano fosse un ragazzo, laureando in Ingegneria, residente a Bari Carrassi (luogo di elezione degli scherzi del primo Cacace), naturalmente fan sfegatato dell’irresistibile Trio, che all’epoca non pensavo nemmeno avesse un nome (il nome “Trio Ciola” l’ho scoperto molto più tardi su Internet).

Inutile dire che aveva l’intera raccolta degli scherzi, anche se a distanza di anni ho trovato scherzi che non avevo mai sentito e quindi penso che nessuno può davvero dire di avere l’intera raccolta.

E quello che ora mi resta sono tre cassette ed un CD: tutte con dentro la mia Puglia.

Quella che non ha riti a me sconosciuti come “l’espressino” al pomeriggio o che gira in SUV ridicolmente incastrati nelle nostre stradine.

 
La mia Puglia è quella che se non hai capito una parola o frase e dici “EH?”

risponde “’NGULÈ”

 

 

Alcuni Post Scriptum.

Primo

Mia moglie marchigiana e le mie figlie, nate qui in Romagna ogni tanto ripetono alcuni brani di Cacace come “mo veng dè i t spacc …” (il preludio al leggendario botta e risposta del convitto Cirillo): segno inequivocabile del fatto che il vocabolario del Trio è entrato nel mio lessico quotidiano. E dal mio al loro, in un perpetuarsi del rito secondo Cacace.

 
Secondo

Nicola Guardavaccaro è morto nel 2003 all’età di 65 anni: la fonte è certa ed è facile capire dal mio server di posta (....)

 
Terzo

Ci sono almeno altri tre emuli del Trio

Il primo è quasi contemporaneo ed è riconoscibile dalla quasi assenza di parolacce. Non ci sono obiettivi fissi. Gli autori sembrano persone molto istruite (ed infatti in uno parlano di esami di Università e di una festa che si tiene in Via Cancello Rotto: chi l’ha ascoltati sa di cosa parlo).

Il secondo prende di mira uno stabile di Grumo Appula in via Verdi 17: memorabile lo scontro dialettico con Ilario Lorusso detto Ilarione o meglio “Arionn” dalla di lui consorte.

Il terzo è quello che si svolge quasi interamente a Bari San Paolo, con l’enoteca Martiradonna, la macelleria Favia e la pescheria.
 
"
 
 
 
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